giovedì 21 aprile 2011

Speciale Il linguaggio segreto dei fiori - Ogni fiore ha la sua storia

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Prima delle due storie di oggi. Perdonatemi, ma ieri non ce l'ho proprio fatta causa università (esame).

Ecco per voi la storia legata al trifoglio bianco con un significato, secondo me, molto bello: PENSAMI.

RAPERONZOLO

Agata dorme tranquilla nel suo piccolo lettino color lilla, il respiro regolare fa muovere ritmicamente le coperte che sembrano oscillare come dolci onde che si allungano sinuose fino alla riva. Il pigiama che indossa è il suo preferito, quello con i due coniglietti che leggono e mangiano carote. Le accarezzo i capelli castani; le sono cresciuti molto dalla primavera scorsa e sono diventati una massa di boccoli color caramello. Sembra una bambola, ma questo lei non lo sa.
Il viso si storce in una smorfia buffa, forse starà sognando. La vedo rannicchiarsi tutta, un brivido deve averle percorso la schiena; cerco di rimboccargli le coperte ma non ci riesco, spero solo che non abbia freddo.
Mi siedo ai piedi del letto dove c’è la sedia a dondolo di betulla comprata due anni prima per il suo quinto compleanno. Agata adora quella sedia, dice che assomiglia a quelle che vede disegnate nei suoi libri di fiabe.
Sopra alla mensola, dall’altro lato della stanza noto il libro dei fratelli Grimm; è in equilibrio precario, evidentemente Agata deve aver provato a tirarlo giù senza riuscirci. Il libro è vecchio, me l’aveva regalato mia madre quando ero piccolino e ogni sera mi leggeva una storia prima di addormentarmi, proprio come ogni mamma che si rispetti. La copertina ormai si è consumata ai bordi e il cartone sbuca dai vari spigoli che un tempo erano rivestiti di carta colorata. Sul frontespizio è disegnato un grande ovale contenente tutti i più bei personaggi delle favole che vengono raccontate nel libro. Ci sono Hansel e Gretel, Biancaneve, i musicanti di Brema, Cenerentola, Rosaspina, Pollicino e poi la preferita di Agata, Raperonzolo. Ogni volta che ascolta quella fiaba le vedi gli occhi brillare, vuole anche lei avere i capelli lunghi come Raperonzolo e fuggire con il suo Principe dalle grinfie cattiva strega. È per questo che si sta facendo allungare i capelli.
Mi alzo e vado per prendere il libro, ma sono maldestro e cade a terra. Il tonfo è attutito dal peloso tappeto rosa che si trova proprio sotto la mensola dove è appoggiato il libro di fiabe. Spero che Agata non si sia svegliata.
Mi giro per controllare e la osservo mentre apre i suoi occhietti insonnoliti. Scruta la stanza nella semi oscurità e la vedo cercare a tastoni l’interruttore dell’abat-jour. Una luce soffusa si diffonde nella stanza. Non è spaventata. Seguo il suo sguardo e mi accorgo che sta fissando il libro caduto a terra; con fare felino sguscia via dal letto e agguanta il libro.
«Vuoi che ti leggo la storia, papà?».
Annuisco con la testa, felice.
«Stavolta leggo io, ora sono diventata grande e la maestra ha detto che sono proprio brava a leggere» dice sottovoce, non vuole svegliare la mamma che dorme nella camera affianco. «La fiaba che ho scelto è...Raperonzolo!». E sorride maliziosa.

C’era una volta un uomo e una donna che da molto tempo desideravano invano un bimbo. Finalmente la donna scoprì di essere in attesa. Sul retro della loro casa c’era una finestrella dalla quale si poteva vedere nel giardino di una maga, pieno di fiori ed erbaggi di ogni specie.

La voce è soffice come le sue guance rosa tenue e il ditino premuto contro la carta segue attento il fluire delle parole. La maestra non ha mentito, Agata è davvero brava a leggere. O forse è perché conosce quella storia a memoria e la sua mente precede la vista.
È arrivata al punto in cui si parla dei capelli della sua eroina e il visetto le si accende di gioia.

“Oh Raperonzolo, sciogli i tuoi capelli
che per salir mi servirò di quelli.”
Raperonzolo aveva infatti capelli lunghi e bellissimi, sottili come oro filato. Quando la maga chiamava, ella scioglieva le sue trecce, annodava i capelli in alto, al contrafforte della finestra, in modo che essi ricadessero per una lunghezza di venti braccia, e la maga ci si arrampicava.

Agata mi sorride e si tocca i capelli arrotolando un boccolo sull’indice della manina destra.
«Vedi, papà, quanto mi sono cresciuti i capelli? Se aspetto anch’io, diventano lunghi come quelli di Raperonzolo». Per un attimo riabbassa la testa e sembra riprendere a leggere, ma poi decide di continuare a parlare. «Ogni volta che leggo questa fiaba penso a quanto ti voglio bene, papà. Raperonzolo, mi fa pensare a te. È per questo che volevi che la leggessi stasera?».
Non riesco a rispondere, l’amore per mia figlia mi ha stretto la gola e le parole non ce la fanno ad uscire. Solo una lacrima silenziosa scende tra la barba ispida a dimostrare quanto grande può essere l’affetto di un padre. Amo mia figlia, l’amerò sempre.
Mi avvicino per accarezzarle la testolina che si è inclinata nuovamente verso il libro.
Il rumore della porta che lentamente si apre ci fa girare entrambi; è Barbara, mano su un fianco e i capelli scompigliati.
«Perché sei sveglia, tesoro mio?» le chiede con la voce impastata dal sonno. «Ho sentito che parlavi».
«Stavo leggendo Raperonzolo» risponde Agata con fare sincero.
«E perché leggi Raperonzolo a quest’ora? Devi dormire che domani hai scuola».
«Ma papà voleva che gliela leggessi» dice con gli occhi che chiedono scusa per aver disubbidito alle regole.
Barbara si siede sul letto e accarezza la faccia tonda di Agata. «Come sapevi che papà voleva sentire proprio quella storia?» le chiede in tono dolce e rassicurante.
«Beh, ha fatto cadere il suo libro di fiabe dalla mensola» afferma lei, tutta l’innocenza espressa in uno sguardo.
«È bello che pensi così spesso al papà, ma ora devi andare a dormire, tesoro» le bisbiglia Barbara in un orecchio. «Domani, gli leggeremo un’altra fiaba. Promesso».
Agata si infila per bene sotto le coperte e si rannicchia come un gattino, Barbara rimbocca il piumone e le stampa un bacio in fronte, poi esce dalla stanza.
Passano alcuni minuti e quando è ormai sicura che la madre si è rimessa a letto, Agata alza la testa dal cuscino e guarda verso la sedia a dondolo dove sa che sono seduto.
«Allora ti è piaciuta la fiaba, papà?».

2 commenti:

  1. oddio questo è un colpo basso! avevo detto che non posso farmi vedere in preda alla commozione!!!

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  2. Questa storia mi piace tanto, è triste ma ho adorato questo padre e questa figlia!

    P.S.= Non era mia intenzione colpire alle spalle!! ;)

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