La storia di oggi ci racconta la PERSEVERANZA con il tenace fiore dell'euforbia.
LA CAMPIONESSA
Lily voleva diventare una campionessa, questo era il suo sogno fin da bambina. Non che ora fosse un’adulta, ma per lo sport che faceva ormai non poteva più permettersi di essere una novellina.
La palestra era ormai deserta, anche il gruppo della ginnastica maschile era uscito dagli spogliatoi e i ragazzi si erano salutati con grandi pacche sulle spalle prima di andarsene ognuno verso la propria casa.
Lily non li aveva degnati neanche di uno sguardo, la sua attenzione solo all’attrezzo che aveva davanti: la trave. Ogni ginnasta doveva scegliere il proprio attrezzo, quello su cui puntare durante le gare e le esibizioni, ma per lei era stato semplice. Per il corpo libero non era portata, non aveva la capacità di ammaliare gli spettatori, sapeva solo eseguire in modo meccanicamente preciso i vari movimenti da compiere e cercare di esprimere a tempo di musica le risultava difficile.
L’incontro con la trave non avvenne in maniera del tutto piacevole; durante gli allenamenti per imparare a muoversi con disinvoltura sopra di essa più di una volta aveva toppato clamorosamente con la conseguente umiliazione davanti alle altre atlete che sghignazzavano come oche. Tutti potevano sbagliare, ma non Lily. La sua tenacia nell’esercitarsi era fastidiosa agli occhi delle ragazze che si allenavano con lei. “Chi si crede di essere?” o “stronzetta perfezionista” erano alcune delle tante cose che Lily sapeva dicevano di lei e solo quando volevano essere buone la chiamavano in tono velenosamente sarcastico “Nadia-Lily Comăneci”.
Dalla bacinella prese uno dei pezzi di gesso e se lo sfregò con cura su entrambe le mani, poi si arrampicò sulla trave più alta e iniziò a fare delle ruote e rondate per riscaldarsi. Il pezzo che doveva provare era abbastanza complicato, ma Lily voleva sempre spingersi oltre i suoi limiti. Si posizionò all’estremità destra della trave e si sedette a cavalcioni, fece tre respiri profondi e poi si mise in posizione; salì con entrambi i piedi sopra la trave e prese la classica postura di inizio. Le braccia tese all’indietro con la schiena inarcata a disegnare una
flessuosa linea curva, il piede destro davanti a fare presa sulla superficie dell’attrezzo: era pronta.
Alcuni passi decisi e poi una capovolta avanti senza mani, l’arrivo era stato un po’ sbavato ma non poteva fermarsi, doveva fingere di trovarsi di fronte alla giuria. Inarcò il suo corpo all’indietro per fare il ponte e sentì i muscoli mettersi in tensione per prepararsi alla spinta che avrebbe portato le gambe dall’altra parte. Qualcosa però andò storto. La pianta del piede era divenuta sudata per via dell’ansia che le faceva vibrare il corpo e al contatto con la trave il piede non aveva fatto presa, ma era scivolato facendole perdere l’equilibrio. Cadde a terra con un tonfo secco.
Fortunatamente non aveva appoggiato nessuno dei suoi arti in modo da schiacciarlo con il suo peso, se si fosse fatta una storta o una contusione non se lo sarebbe mai perdonato.
Restò immobile sul materasso per qualche minuto, le lacrime salate avevano preso a scorrerle lungo le guance accaldate per lo sforzo e sentiva dietro la nuca il sudore che le bagnava i capelli castani. Doveva farcela, a tutti i costi. Si asciugò con il dorso della mano le gocce antipatiche le avevano bagnato il volto e si rimise in piedi; cosparse nuovamente le mani di gesso ed era già sulla trave.
Riprese a fare con precisione tutti i movimenti che aveva compiuto prima, solo che ora prestava un’attenzione maniacale ad ogni minimo dettaglio. Il ponte, la capovolta, la verticale di passaggio, ogni movimento era calibrato per essere quanto più possibile perfetto. Lily voleva assolutamente vincere alla competizione che si sarebbe tenuta tra meno di un mese. Se ci fosse riuscita, quelle che ora erano critiche e atteggiamenti snob, poi sarebbero diventate solo invidia.
Sorrise del suo pensiero malvagio e continuò l’esercizio come fosse un rituale. In effetti poteva essere considerato tale vista anche la musica che la sua allenatrice aveva scelto per accompagnare l’esercizio, un brano del Requiem di Mozart. Era una musica triste ma allo stesso tempo maestosa e Lily muoveva le braccia e le mani in modo preciso e quasi schematico; sembrava un robot in modalità “esegui alla perfezione”.
Proprio quando la musica era all’apice del crescendo, Lily si preparò all’uscita. Si era esercitata tanto per far sì che quel passaggio avvenisse in modo naturale e senza imprecisioni; era caduta molte volte ma aveva sempre avuto la forza di rialzarsi e ricominciare tutto da capo e adesso doveva dimostrare a se stessa che il duro lavoro svolto fino a quel momento era valso a qualcosa.
Si trovava a metà della trave, prese un profondo respiro e appoggiò le mani velocemente sull’attrezzo e spinse i
l suo corpo dall’altra parte. Nello spazio che le rimase eseguì una ruota con le gambe completamente tese e arrivò al momento più difficile.
Svuotò la mente da ogni pensiero e si concentrò solamente sul suo corpo. Sentì ogni fibra del suo corpo tendersi per poi contrarsi, intorno a sé solo uno spostamento d’aria.
Atterrò perfettamente a piedi uniti sul pavimento ammortizzato. Ci era riuscita, era riuscita a fare il doppio avvitamento e a non cadere rovinosamente per terra.
Assunse subito la posizione utilizzata dalle ginnaste come saluto a fine esercizio e sorrise soddisfatta al suo pubblico invisibile.
da togliere il fiato per l'ansia di lily... solo chi ha provato una cosa del genere mi sa che ne può scrivere in modo così preciso da farmici immedesimare. Wow!
RispondiEliminaAhahah l'ansia è davvero tanta, ma ti assicuro che è reale! Sicuramente averla provata aiuta a saperla descrivere in tutte le sue sfaccettature ^^
RispondiEliminaPerò, credimi, la soddisfazione di arrivare a terra a piedi uniti e di salutare il tuo pubblico ripaga di tutto!