Questa storia ci ricorda il giaggiolo che racconta un MESSAGGIO. Per chi di voi non avesse letto la storia legata all'enula campana, ovvero le lacrime, consiglio di andarla a leggere (QUI) perché le due storie sono collegate.
Buona lettura!
LA BAMBINA
Il respiro era sempre più affannoso, Nina sentiva il petto squassato dalla paura che si era annidata tra le costole. Doveva cercare di raggiungere il libro che aveva lasciato in fondo alla scalinata di legno di noce che congiungeva l’ingresso della casa con le stanze da notte. In preda al terrore lo aveva fatto scivolare di mano mentre correva disperata alla ricerca di un rifugio. I suoi sogni avevano preso ad essere sempre più vividi e la mattina quando si alzava faceva fatica a distinguere quale fosse la vita reale e quale la vita immaginaria. Quando il libro le aveva chiesto di giocare, Nina non aveva neanche lontanamente pensato a quali potessero essere le conseguenze. Non poteva sapere che il libro l’avrebbe trascinata in una sfiancante lotta. Contro chi Nina ancora non lo aveva capito.
Richiuse la porta alle sue spalle e fece scorrere il robusto chiavistello; probabilmente non avrebbe risolto il problema, ma la faceva sentire più sicura. Non aveva intenzione di uscire, il libro avrebbe dovuto attendere. La stanza era piccola e la carta da parati penzolava scolorita dai muri. L’oscurità era opprimente, ma si riuscivano a distinguere le sagome di alcuni oggetti accatastati nell’angolo opposto a dove Nina si trovava. Sebbene le ciglia erano impiastrate d’inchiostro, provò lo stesso a strizzare gli occhi per riuscire a mettere a fuoco. Uno degli oggetti era più grande degli altri, era un cavallo a dondolo malandato.
Strisciando carponi sul pavimento polveroso, Nina raggiunse il vecchio giocattolo. Erano tutti vecchi giocattoli dimenticati. Oltre al cavallo, c’erano bambolotti senza un braccio, un orsacchiotto di peluche con le cuciture rotte che lasciavano fuoriuscire l’imbottitura e una casa delle bambole addossata al muro. Nina toccò il muso consumato del cavallo quasi ad accarezzarlo e scusarsi per lo stato di abbandono in cui era stato lasciato. Era meglio che non l’avesse fatto.
Gli infissi delle finestre presero a sbattere violentemente, sembrava che qualcuno da fuori cercasse di scardinarli per poter entrare; la maniglia della porta iniziò a muoversi come se dall’altra parte uno stesse cercando di aprirla. Nina era completamente paralizzata dal terrore. Non era sicura se ciò che stava vivendo in quel momento era un semplice sogno che alla mattina avrebbe lavato via insieme all’inchiostro sparso per tutta la faccia, non era sicura che quello che trovava scritto tra le pagine del misterioso libro era frutto solo della sua fantasia. Qualcuno ora bussava dietro la porta ed era reale.
Nina si rannicchiò sul pavimento e strinse forte le ginocchia al petto; le dense lacrime nere scendevano a inzupparle i jeans, non pensava che si potesse avere così tanta paura. All’improvviso il frastuono si quietò e lasciò spazio ad un silenzio ancor più sinistro. Nina aveva chiuso gli occhi per cercare di portare se stessa nella dimensione reale, senza successo. Un tenue bagliore iniziò a diffondersi nella stanza, proveniva dalle pareti ammuffite; Nina spalancò gli occhi e si guardò intorno, sui muri stavano apparendo delle scritte. La calligrafia era incerta e traballante come quella di un bambino. Si avvicinò cauta per vedere cosa vi fosse scritto e con le dita sporche d’inchiostro tracciò i contorni delle lettere. Era una richiesta d’aiuto.
Qualcuno era imprigionato in quella casa da troppo tempo ormai e la disperazione che trasudava da quelle parole bruciava sulla pelle. Il messaggio l’aveva colpita per la lineare semplicità, non era un indovinello come quelli attraverso cui si esprimeva il libro, erano solo le tristi parole di una bambina che rivoleva la sua libertà.
Che era una bimba lo aveva capito dalla scrittura e dal nome scarabocchiato in fondo. Lucinda.
Quando l’inchiostro delle sue lacrime si mescolò al bagliore delle parole, esse divennero rosso acceso e illuminarono la stanza di una luce color rubino.
Un urlo riempì l’aria consumata che aleggiava pesante nella camera. Una piccola figura era apparsa da sotto la finestra e ora stava avanzando verso Nina. Era la piccola abitante della casa che ora aveva trovato la forza per manifestarsi. I vestiti erano logori e la gonna aveva l’orlo di pizzo scucito per metà, i capelli biondo polvere le arrivavano sotto il gomito e sembravano non venissero pettinati da anni. Il particolare più inquietante però erano gli occhi, due occhi completamente bianchi che contrastavano con quelli neri come la notte della ragazza. Nina indietreggiò fino a sbattere la schiena contro il muro. Il libro l’aveva trascinata in questo posto maledetto e ora lei aveva evocato lo spirito che lo abitava. Si sentiva in trappola.
La bambina si avvicinò velocemente e senza che Nina potesse muoversi iniziò a premere con le piccole dita contro gli occhi di lei; spingeva con forza e cattiveria schiacciando gli occhi sempre di più, dentro la cavità del cranio. La stava accecando. Nina aprì la bocca per gridare e sputare fuori tutto il suo spavento, ma non ci riuscì e gli occhi feriti presero a riversare copiosamente l’inchiostro che era contenuto nell’iride.
Appena il liquido nero iniziò spandersi sulle mani e sulle braccia della malvagia creatura la sua pelle bianca cominciò a bruciare come fosse arsa da un fuoco interiore; mollò la presa e iniziò a contorcersi come se qualcuno di invisibile la stesse torturando in modo sadico. Nina assisteva allo spettacolo allibita, riusciva ancora a vedere nonostante gli occhi fossero estremamente doloranti e non aveva la forza di reagire né di muovere un singolo muscolo.
Un acuto urlo le ferì le orecchie poi si fece sottile come un sibilo di vento e uno sputo di fumo salì dal corpo della bambina fino a raggiungere le travi marce del tetto.
L’esile figura della bimba divenne improvvisamente grigia e si sfaldò in un mucchio di cenere.
Nina era riuscita a liberarla, finalmente Lucinda poteva riposare in pace, slegata per sempre dal demone che l’aveva posseduta per tanto tempo.
Ormai aveva capito qual era il gioco del libro: liberare dagli incubi le anime irrequiete degli spiriti. Era il libro a guidarla da loro, ma solo Nina e le sue lacrime avrebbero tessuto la storia.
Chi fosse l’entità malvagia contro cui stava combattendo non era ancora chiaro, ma ogni spirito sciolto dalle catene della dannazione la rendeva più forte.
Nina raccolse con entrambe le mani le ceneri di Lucinda e si diresse verso la finestra che si era spalancata durante la lotta contro il demone di prima; si sporse un poco e mise fuori le braccia. I palmi delle mani rivolti verso l’alto permisero al vento di portare via con sé quel che rimaneva della sfortunata bambina.
Nina guardò la cenere librarsi nell’aria.
*_* che bello ritrovare Nina! non immaginavo che la storia diventasse paurosa, ma mi piace questo risvolto!
RispondiEliminaNeanch'io pensavo al risvolto pauroso, ma Lucinda è venuta fuori in modo naturale e anche l'aura di maligno che permea la storia! Un po' di paura ci stava^^
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