lunedì 8 novembre 2010

Intrighi, complotti e "favole di sangue" nella reggia di Versailles

 
Titolo: Il traditore di Versailles Autore: Arnaud Delalande Traduttrice: Claudia Lionetti 
Casa editrice: Nord Pag: 327 Costo: € 18,60



Come promesso, oggi vi propongo la recensione di uno degli ultimi libri che ho letto, ovvero "Il traditore di Versailles". 
Per chi non conoscesse la trama potete trovarla in questo post. 
Quindi andiamo direttamente al dunque! 
Mi sono avvicinata al libro senza tante pretese, ma incuriosita di leggere un romanzo giallo/thriller ambientato alla corte francese all'epoca di Maria Antonietta, Luigi XVI e compagnia bella. Premetto che non avevo letto il precedente romanzo di Arnaud Delalande e di conseguenza è stato leggendo questo libro che ho fatto per la prima volta la conoscenza di Pietro Viravolta, il protagonista nato dalla fantasia dell'autore. Nonostante questo i due libri sono quasi completamente slegati, alcuni personaggi sono in comune ma il lettore non avverte nessun deficit dal momento che le due storie non sono collegate e ciò che potrebbe essere funzionale alla narrazione viene comunque ribadito sotto forma di mini flashback o tramite i pensieri dei personaggi. Sicuramente, tutto ciò può essere avvertito come strategia finalizzata a spingere il lettore tra le braccia del precedente romanzo. Con me il tentativo non è riuscito e ora vi spiego il perché. 
L'idea che sottende alla base del romanzo è buona anche se non proprio originalissima. C'è un "Favolista" (che alle mie orecchie fa rima con l'Enigmista, per chi ha visto Saw) che ha un modus operandi alquanto particolare, per raggiungere il suo scopo uccide uomini e donne ispirandosi alle favole di La Fontaine attraverso un procedimento da contrappasso dantesco. Ciascuno dei malcapitati viene punito per delle azioni che hanno ostacolato il fine del Favolista e vicino al loro corpo straziato viene lasciata la favola da cui è stata tratta ispirazione per la loro morte.  
Se il Favolista è il cattivo, il buono della situazione è il veneziano Pietro Viravolta, una specie di 007 ante litteram, chiamato alla corte di Versailles poiché facente parte degli agenti segreti del Segreto (scusate il giro di parole), un organo occulto che agisce su ordine del re, ma in maniera ufficiosa. 
Tutta la storia si sviluppa attorno allo scontro delle due menti, quella del Favolista e quella di Viravolta, che combattono per dimostrare la supremazia di una sull'altra. Il Favolista chiede al veneziano, nome in codice "Orchidea nera", di giocare con lui (e qui mi ritorna l'Enigmista) e il gioco consiste in questo: Viravolta conosce l'elenco delle favole e l'ordine in cui esse verranno usate, suo quindi il compito di capire a chi sono rivolte e come evitare la morte dei diretti interessati. 
Fin qui, anche se la trama, come ho già detto, non è originalissima potrebbe essere un libro passabile, ma ci sono state delle cose che non ho digerito molto bene. Prima su tutte l'utilizzo di armi, se così le si possono chiamare, di nuova generazione costruite con l'aiuto dei progetti di inventori un po' "stramboidi" che li hanno inviati a Versailles con l'idea che potessero essere utili al re e alla Francia. E' così che ci troviamo di fronte a penne che gettate per terra diventano delle specie di bombe, carte da gioco che però sono affilate come lame e funzionano tipo armi ninja, etc etc (vi grazio le altre). Decisamente fuori luogo, secondo il mio modesto parere, e svilente  poiché dà al romanzo una patina da filmetto da quattro soldi. Sempre sulla stessa linea sono le descrizione dei combattimenti con azioni troppo scontate che fanno rimpiangere Rambo. Forse il problema sta nel fatto che lo scrittore di questo libro è anche uno sceneggiatore e dentro questo suo romanzo ci ha messo troppo cinema e neanche di qualità. 
Magari sono troppo sentimentalista, ma quando penso a Versailles io penso a Lady Oscar e per quanto fosse "soltanto" un manga e aveva arricchito la Storia con la s maiuscola di personaggi inventati e a volte un po' troppo fantasiosi, secondo me aveva fatto un ottimo lavoro. Un peccato che questo libro non ci sia riuscito, anche perché lo scrittore dice di essersi documentato molto sulla storia di quel periodo, cercando di scoprire tutti i retroscena di quella corte così carica di segreti che è stata Versailles. Un peccato, dal momento che molti dei personaggi presenti nel libro sono realmente esistiti e quindi la commistione del reale con il fittizio, se condotta dovere, poteva portare a buoni frutti. 
E che dire della presenza dell'eterna rivalità Inghilterra-Francia, presentata nel romanzo ma non necessaria alla storia. Il personaggio del Favolista poteva reggersi da solo, senza dover mettere in piedi questo complotto contro i reali di Francia che dà la sensazione di non essere sviluppato a dovere e rischia quindi di sembrare un tentativo, mal riuscito, di depistare il lettore. 
Sulla vera motivazione della rabbia del Favolista, non c'è molto da dire: figlio bastardo di Luigi XV, vuole far sapere al mondo intero i suoi veri natali. Non è un colpo di scena, come lui ce n'erano a bizzeffe là fuori. 
La fine è molto vaga, sembra quasi che lo scrittore abbia deciso di lasciarsi uno spiraglio per una prossima avventura. Ma non mi troverà a leggerla. 
Dopo aver massacrato questo libro con un post altamente prolisso, vi lascio alle vostre elucubrazioni. 
Se qualcuno la pensasse in modo di verso sarei felicissima di confrontarmi con altri punti di vista. 




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