martedì 13 settembre 2011

Recensione: Avevano spento anche la luna di Ruta Sepetys

Titolo: Avevano spento anche la luna Autrice: Ruta Sepetys
Casa editrice: Garzanti Pagine: 304
Prezzo: € 18,00


La trama:


Lina ha appena compiuto quindici anni quando scopre che basta una notte, una sola, per cambiare il corso di tutta una vita. Quando arrivano quegli uomini e la costringono ad abbandonare tutto. E a ricordarle chi è, chi era, le rimangono soltanto una camicia da notte, qualche disegno e la sua innocenza. È il 14 giugno del 1941 quando la polizia sovietica irrompe con violenza in casa sua, in Lituania. Lina, figlia del rettore dell’università, è sulla lista nera, insieme a molti altri scrittori, professori, dottori e alle loro famiglie. Sono colpevoli di un solo reato, quello di esistere. Verrà deportata. Insieme alla madre e al fratellino viene ammassata con centinaia di persone su un treno e inizia un viaggio senza ritorno tra le steppe russe. Settimane di fame e di sete. Fino all’arrivo in Siberia, in un campo di lavoro dove tutto è grigio, dove regna il buio, dove il freddo uccide, sussurrando. E dove non resta niente, se non la polvere della terra che i deportati sono costretti a scavare, giorno dopo giorno.
Ma c’è qualcosa che non possono togliere a Lina. La sua dignità. La sua forza. La luce nei suoi occhi. E il suo coraggio. Quando non è costretta a lavorare, Lina disegna. Documenta tutto. Deve riuscire a far giungere i disegni al campo di prigionia del padre. È l’unico modo, se c’è, per salvarsi. Per gridare che sono ancora vivi. Lina si batte per la propria vita, decisa a non consegnare la sua paura alle guardie, giurando che, se riuscirà a sopravvivere, onererà per mezzo dell’arte e della scrittura la sua famiglia e le migliaia di famiglie sepolte in Siberia.


La mia recensione


Un romanzo di grande forza narrativa, una storia dolorosa raccontata con semplicità disarmante,
la sofferenza di un popolo che chiede di ricordare.



Avevano spento anche la luna è un urlo silenzioso che fa tremare le coscienze assopite.


È l’urlo strozzato del popolo lituano, ma più in generale dei popoli baltici e di tutti coloro che hanno sofferto per mano del regime di Stalin, che finalmente ha trovato il modo di farsi ascoltare dal mondo intero.

Ruta Sepetys ci racconta il traumatico sofferto e doloroso viaggio verso le oscure e fredde terre siberiane compiuto da uomini, donne e bambini colpevoli solo della loro umanità, della loro cultura e del loro coraggio. Una storia sepolta per anni dalla neve e dalla ferocia di un regime dittatoriale, in un tempo in cui le lingue si annodavano per la paura e la sopravvivenza era l’unica speranza che era dato avere. 

Il titolo originale del romanzo, Between Shades of Gray (“Tra sfumature di grigio”), porta l’attenzione del lettore sulla piatta linearità del paesaggio siberiano che fa da sfondo a pressoché tutta quanta la narrazione, un fondale sul quale spiccano i personaggi di una storia che si impone con tutta la sua carica espressiva.

In qualità di americana di origini lituane, la cui famiglia è sfuggita fortunosamente al massacro che viene raccontato nel libro, Ruta Sepetys sente la necessità di dar voce a tutte quelle storie che rischiavano di rimanere congelate sotto il gelido suolo artico. Il rischio, però, nel narrare avvenimenti così tristi e pregni di una verità angosciante è quello di salire in cattedra e puntare il dito, offrendo al lettore facili quanto fugaci empatie. Non è questo il caso.

Lina, la sua famiglia, Andrius e tutti gli altri personaggi che il lettore avrà modo di scoprire nel corso del racconto, siano essi protagonisti o solamente comparse, portano dentro di sé i volti veri reali e tangibili di tutti coloro che quella sorte l’hanno subita saggiandone il dolore sulla propria pelle e non attraverso le pagine di un libro. La forza di questo grido che sale da ognuno di loro, la voglia di non chinare la testa davanti a una realtà che si fa beffe della vita, la tenacia di un popolo orgoglioso che nella notte più nera cerca di trovare la capacità di scorgere anche il più piccolo bagliore di luce sono gli elementi che rendono Avevano spento anche la luna un romanzo “necessario”.

C’è da interrogarsi sul perché, ancora oggi, i racconti sulla terribile repressione compiuta per mano di Stalin necessitino di un romanzo per raggiungere un vasto pubblico. Si stima che più o meno venti milioni di persone siano state uccise dal braccio d’acciaio sovietico, ma di loro poco si sa, poco si studia, poco se ne parla. Leggendo questo romanzo, si ha così l’opportunità di rendere giustizia, almeno in parte, a tutte quelle voci che si sono spente in mezzo alle tempeste di neve.

Lina, protagonista del romanzo della Sepetys, ha solo sedici anni, figlia del rettore dell’università, borghese agiata, promettente artista, si vede strappare di dosso tutto quello che possiede e sbattuta su un treno viene stipata in carri merci insieme ad altre persone neanche fossero i più spregevoli e sporchi animali. In una sola notte le viene sottratto tutto, anche la sua dignità di persona. Le resta solo la voglia di vivere ed è proprio quella l’unico appiglio a cui può aggrapparsi la ragazza quando viene spenta anche la luna.

Intorno a Lina ruotano una serie di personaggi che anche con brevi pennellate vengono resi in modo marcato e preciso. Tutti hanno una funzione all’interno della storia che ne rende necessaria la presenza, sia solo quella di mostrare la crudeltà del NKVD, il Commissariato governativo sovietico (quello che poi sarebbe diventato il KGB).

La narrazione scorre con un ritmo sostenuto creato grazie a dei capitoli veloci e brevi che in poche e semplici immagini riescono a delineare gli episodi della vita dei deportati raccontati nel romanzo. A movimentare la storia e a stabilire il netto contrasto tra la vita da prigionieri e la loro vita precedente la Sepetys in modo puntuale inserisce nello svolgimento dei fatti delle istantanee, quasi fossero squarci nel mare dei ricordi dei detenuti, che parlano di un mondo che nella gelida Siberia non ha più modo di esistere.

Nel freddo l’odio può farsi strada nei cuori della gente e corrompere tutto ciò che prima era puro e sano, l’indifferenza può arrivare a imputridire gli animi e distorcere i volti già segnati dalle intemperie, dalla fame e dalle malattie. È disarmante allora come queste persone, con i loro difetti e le loro differenze che li caratterizzano, riescano a stringersi come in un abbraccio e creare una famiglia che, con i suoi elementi forti e i suoi elementi deboli, riesce a fronteggiare la morsa del gelo e dei sovietici.

Tutte queste immagini ci scorrono davanti come fotogrammi di un film muto, capace di raccontare un dolore straziante proprio come i disegni che Lina tratteggia di nascosto durante la sua prigionia. Ispirata dalla pittura pre-espressionista di Munch, Lina fissa per sempre sui fogli la storia di un popolo e delle sue sofferenze atroci, l’umiliazione subita e la voglia di ritornare a vivere non dimenticando ciò che è stato.



La memoria, come per tutti i racconti di deportazione, diventa il perno dell’intera storia. I disegni nascosti di Lina, i racconti fatti sottovoce, le lacrime gelate di queste persone diventano testimonianza di un massacro voluto, pianificato. Solo decenni dopo la Lituania e le nazioni sotto U.R.S.S. hanno avuto la possibilità di dar voce a queste storie, rimaste sepolte per anni sotto la costante paura di nuove deportazioni. Ora è venuto il momento che i volti di Lina e dei suoi compagni diventino conosciuti ai più, portatori di un messaggio forte che Ruta Sepetys si è incaricata di trasmettere.

La storia raccontata in Avevano spento anche la luna non ha la stessa pregnanza dolorosa di Se questo è un uomo di Primo Levi, forse semplicemente per il fatto che Ruta Sepetys non ha vissuto sulla propria pelle la straziante esperienza della prigionia, eppure con il suo romanzo la Sepetys è stata capace di toccare le corde più recondite della coscienza umana e marchiare a fuoco le menti dei lettori con immagini, ricordando a tutti che l’affronto più grande che si potrebbe fare alla memoria di queste persone è dimenticare.






VOTO DEL BLOG:

 Best Book Ever. Libro da leggere ad ogni costo.

1 commento:

  1. anche io ho letto questo libro, ha suscitato in me molte emozioni, però non tante quante me ne hanno sucitate i libri di persone che hanno vissuto in 1 la persona la 2 guerra mondiale

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