lunedì 11 ottobre 2010

Se un libro ti delude


Titolo: Le figlie del libro perduto Autrice: Katherine Howe Traduzione: Valentina Daniele Casa editrice: Salani Pag: 427 Costo: € 18,60

Penso sia capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di aver avuto tra le mani un libro e di essere rimasto deluso dopo aver finito di leggerlo. Questo è quello che mi è successo con "Le figlie del libro perduto". L'aspettativa era tanta, forse troppa. Presentato come un successo di vendite negli Stati Uniti, dovuto sia alla promozione dei librai indipendenti sia (soprattutto) al passaparola dei lettori, uno è spinto a credere che quel libro valga la pena leggerlo. 
Questa è la trama: 
Connie Goodwin, giovane e brillante dottoranda all’Università di Harvard, è impegnata in una ricerca sui processi di Salem, nel New England, che alla fine del diciassettesimo secolo videro più di centocinquanta persone accusate di stregoneria.
Ma durante l’estate è costretta a trasferirsi fuori città per sistemare e vendere la vecchia casa di famiglia. All’inizio contrariata, Connie scopre che l’antica dimora contiene strani e preziosi tesori: non ultima, una Bibbia da cui cade una chiave dal fusto cavo, al cui interno è nascosto un pezzetto di carta ingiallita con su scritto Deliverance Dane. Un nome legato non solo ai processi su cui Connie sta indagando, ma anche alla sua famiglia, a un segreto custodito da generazioni di donne e tramandato attraverso un libro proibito: un Libro delle Ombre, depositario di un sapere arcano e sovrannaturale, ormai perduto. Un filo rosso lega quel passato oscuro e terribile al presente: e mentre Connie, tormentata dalle visioni, cerca disperatamente di risolvere il mistero, qualcun altro è in cerca del libro perduto, e per ottenerlo è disposto a tutto, anche a ricorrere a una maledizione da cui non c’è scampo…  
Un estratto :  


«I processi di Salem sono stati spiegati in molti modi» disse Connie. «Ma io li vedo come l’ultimo sussulto di religiosità calvinista. Furono anche l’ultima esplosione rilevante di isteria da streghe in tutto il Nord America. Il panico di Salem segnò la fine di un’era che aveva le sue radici nel Medioevo».
«Un’analisi molto approfondita» commentò il professor Chilton, sempre nel suo tono divertito e impertinente. «Ma non ha mai preso in considerazione la possibilità che le accusate fossero semplicemente colpevoli di stregoneria?»

  
Ad intrigarti ancora di più ci sta il fatto che l'autrice del libro, Katherine Howe, è realmente discendente di due delle donne processate a Salem, Elizabeth Howe e Elizabeth Proctor. Allora pensi che magari c'è qualcosa di vero all'interno della narrazione, qualche segreto che è stato realmente tramandato nella famiglia, sotto forma di antichi aneddoti o storie. E se tutto questo non bastasse, scopri che l'autrice è laureata in Storia presso l'Università di Harvard e ti convinci che nessuno meglio di lei possa offrire un racconto che sia fantastico, ma allo stesso tempo ben radicato dal punto di vista del reale svolgimento dei fatti. 
So che qualcuno potrebbe obiettare che, alla fine, questo è solo un romanzo e non un trattato storiografico sulla stregoneria e sul processo più famoso istruito contro le presunte (o no) streghe, ma io mi aspettavo qualcosa di più convincente. Perché la storia, in fin dei conti, è abbastanza puerile e l'intrigo creato intorno al libro è facilmente districabile; non si fatica a capire chi è l'oscuro personaggio che tenta avidamente di impossessarsi del libro ed è altrettanto facile comprendere chi è veramente Connie. Difatti ciò che appassiona di più sono proprio le ricostruzioni del passato, quegli "interludi" dove si vede che la scrittura si fa più solida e interessante proprio per la matrice di studiosa storica della Howe.
Non me ne vogliano coloro che hanno apprezzato il libro, ma secondo il mio modesto parere si poteva fare di meglio, sembra che l'autrice abbia scritto di corsa e il risultato lascia un po' a desiderare.  
C'è una cosa, però, che ho apprezzato: la grafica del libro. Copertina, foglio di guardia, quarta di copertina sono davvero ben curate e trasmettono qualcosa di magico che purtroppo il libro non continua ad alimentare.

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