giovedì 2 giugno 2011

Recensione: Segreti di famiglia di Tatiana de Rosnay

Titolo: Segreti di famiglia Autrice: Tatiana de Rosnay
Casa editrice: Corbaccio Collana: Romance 
Pagine: 360 Prezzo: € 18,60


Oggi vi posto la recensione di un romanzo che ho appena finito di leggere e che ha saputo coinvolgermi molto. Ve ne avevo già parlato QUI, dove potrete trovare anche la trama e tutte le informazione riguardanti il libro.
E ora, ecco la mia recensione.

La mia recensione

« A volte è più facile non sapere.

A volte la verità fa male... »


Segreti di famiglia è un romanzo che scava nelle profondità dell’animo umano e mette a nudo i sentimenti di ciascun personaggio con una potenza tale che quasi ferisce il lettore che si avventura tra le sue pagine. Il titolo originale è Boomerang e non c’è parola che meglio riesca a descrivere le vicende che accadono nel romanzo; tutta la vita e le scelte compiute durante il proprio cammino sono dei “boomerang” che prontamente e inevitabilmente ritornano da dove sono partiti e più lontano si cerca di scagliarli più ci si rende conto che questi ritornano indietro con violenza. Se poi in una famiglia ci sono segreti da nascondere, l’impatto può essere estremamente doloroso anche a distanza di molto tempo.

È una vita di urti, di scontri violenti quella di Antoine, Tonio per i suoi famigliari. L’adorata madre è morta quando lui e sua sorella Mélanie erano solo dei bambini e li ha lasciati soli e spaventati all’interno di una famiglia della ricca borghesia parigina, quella dei Rey, dove mantenere la maschera della perfezione sembra essere l’occupazione principale, non preoccupandosi minimamente del gelo che sempre più irrigidisce i legami che li uniscono.
Poi è stata la volta di sua moglie Astrid che l’ha lasciato per un altro uomo, Serge, col quale sta costruendo la sua nuova vita nella casa di Malakoff, quella comprata da lei e Antoine. Una separazione alla quale Antoine fa fatica a rassegnarsi, perché l’amore per Astrid non si è spento ma brucia ancora nel petto ogni volta che il pensiero si fissa su di lei.
Inoltre, ci sono i suoi tre figli, Arno Margaux e Lucas, che stenta a riconoscere dietro i volti imbronciati e ribelli degli adolescenti che sono diventati o che stanno diventando. Comunicare con loro sembra sempre più difficile, terrorizzato all’idea di essere da solo davanti ai problemi spinosi e difficili di questi “sconosciuti”. Con loro riemergono le paure e le insicurezze della sua infanzia, causate da un padre freddo e tirannico che non ha saputo trasmettere amore e allora si sente un genitore fallito, incapace di essere una guida, di essere uno scoglio su cui i figli possano aggrapparsi o semplicemente di essere quell’autorità, salda, da rispettare.

La vita di Antoine appare tristemente avviata lungo un sentiero solitario e infelice, ma altri due “scontri” devo ancora avvenire nella sua vita. Il primo è quello fisico dovuto all’incidente stradale avuto insieme a sua sorella Mélanie e con cui ha inizio la narrazione. Di ritorno dal loro weekend trascorso a Noirmoutier, il luogo dove passavano le vacanze da piccoli, per festeggiare il quarantesimo compleanno di Mélanie, sua sorella alla guida della macchina sbanda andando a finire contro il guardrail. Poco prima di uscire di strada stava rivelando a Antoine la cosa che l’aveva tormentata per tutto il giorno e che ha il sapore di una rivelazione sconvolgente, ma le parole le muoiono in bocca e l’unica cosa che Antoine riesce a sentire è: «[...] c’è una cosa che devo dirti... Me la sono tenuta dentro tutto il giorno. Ieri notte, all’hotel, mi sono ricordata di una cosa. Riguardo a... ». Poi più nulla. Lo schianto. Lui illeso e sua sorella in pericolo di vita. Ma ormai il sasso è stato gettato e numerosi cerchi hanno iniziato a increspare concentrici le acque.

E allora ecco l’ultimo grande “boomerang” della vita di Antoine Rey. Le parole della sorella gli rodono il cervello come un tarlo; viva per miracolo, lei sembra non ricordare nulla di quello che stava per rivelargli, ma Antoine sa benissimo che era estremamente importante.
Il soggiorno a Noirmourtier li ha scossi dentro, non vi ritornavano dall’ultima estate trascorsa con la madre nel lontano 1973. In quei posti i ricordi cominciano a riaffiorare come i relitti che si arenano sulla spiaggia dopo una tempesta e frammenti della loro infanzia si impongono nella mente costringendoli a ricordare. Chi era davvero la loro madre? Questa è la domanda più assillante. Antoine e Mélanie sento di non conoscerla, l’hanno persa troppo presto e il vuoto che ha lasciato dietro sé non è mai stato colmato anche a causa dell’atteggiamento di tutta la famiglia Rey che prontamente ha fatto sparire ogni traccia di Clarisse. Niente foto, niente ricordi, quasi fosse un tabù. Perché?

Da qui inizia a svilupparsi il thriller psicologico che ci accompagnerà per tutta la narrazione. I dubbi che attanagliano Antoine iniziano a divenire sempre più pressanti esigendo delle risposte, ma per poter trovare la soluzione a ciò che sembra apparentemente oscuro e impenetrabile occorre far luce su se stessi prima di pretendere di vedere in modo chiaro e trasparente le vite degli altri. Antoine si trova ad affrontare la cruda realtà della sua esistenza: accettare la fine del suo matrimonio, un rapporto coi figli da ricucire, un lavoro piatto da rianimare. E nell’avvertire il peso di queste questioni irrisolte, se ne sente schiacciato, vinto.

Eppure il caso ha in serbo per lui un ultimo “urto” da affrontare e questa volta ha le forme sinuose e la pelle morbida di Angèle.
Angèle è un’imbalsamatrice, il suo lavoro è quello di preparare i morti prima del loro ultimo viaggio. La sua dimestichezza con la morte lo impressiona e lo affascina; sicura di sé, Angèle sa quali sono le corde che deve toccare nel cuore di Antoine. Lei è sfrontata, sensuale e lo desidera, la sua schiettezza lo colpisce in ogni singola fibra del corpo e come una scintilla rimette in moto il suo sangue, che aveva preso a pulsare stanco nelle vene. Ma Angèle sa anche essere profonda ed estremamente comprensiva, il suo lavoro sempre a contatto con il dolore degli altri le ha insegnato ad andare in profondità per cercare di lenire anche le ferite che procurano più sofferenze.

Tatiana de Rosnay sa tratteggiare i suoi personaggi con naturalezza restituendo un’immagine reale delle loro vite e del loro sentimenti. Il thriller psicologico della ricerca della verità nei confronti dell’amata madre ben si unisce alla storia della travagliata vita di Antoine, che cerca di fare il punto della situazione per poi tentare di costruire qualcosa di nuovo.
Un modo di raccontare della scrittrice che viene paragonato a quello di Katherine Pancol e Muriel Barbery con una scrittura che procede liscia e senza intoppi alternando momenti di alta tensione a momenti in cui una punta di ironia si insinua tra le parole.
Non è una suspence angosciante quella che attraversa tutto il libro, ma il lettore avverte comunque la necessità di portare alla luce ciò che della vita di Clarisse è stato perduto oppure è stato nascosto.
Un viaggio alla scoperta di una donna tanto amata dai figli quanto cristallizzata in un ricordo parziale che mostra la sua immagine solo a metà e il tortuoso percorso di un uomo che superando gli ostacoli e le difficoltà della vita scopre la forza e la voglia di amare ancora. 

VOTO DEL BLOG:

 Great Book. Gran bel libro, da non perdere

Per concludere questa mia recensione voglio riportarvi le due poesie che vengono citate all'interno del romanzo. Sono due poesie molti tristi, legate a momenti estremamente dolorosi come la perdita di una persona amata, ma con la loro bellezza e intensità sanno penetrare dritte nel cuore di chi le legge.

Blues in Memoriam di W.H. Auden

Fermate tutti gli orologi, staccate la cornetta,
date al cane un osso succulento prima che si metta
ad abbaiare, zittite i pianoforti e al cupo segnale
del tamburo portate fuori il feretro, parta il funerale.
Alti gli aeroplani s’avvitino con voce di sconforto
scarabocchiando in cielo la notizia: E’ Morto.
Mettete un nastro nero al collo bianco d’ogni piccione,
fate indossare ai vigili guanti neri di cotone.
Era il mio nord, il mio sud, il mio ovest, il mio est,
la mia settimana di lavoro e il mio giorno di festa,
il mio meriggio, la mia notte, la mia parola, il mio canto.
Sbagliai a pensare eterno quest’amore – ora so quanto.
Le stelle non servono più: spegnetele una a una;
smontate il sole e imballate la luna;
strappate le selve e scolate tutto il mare.
Nessun piacere potrà mai tornare.
[traduzione di Nicola Gardini] 



Canzone di Christina G. Rossetti *

Quando io sono morta, mio carissimo,
Non cantare canzoni tristi per me;

Non piantare rose alla mia testa,
Né ombroso albero di cipresso:

Sia la verde erba su di me
Con acquazzoni e gocce di rugiada umida;
E se tu vuoi, ricorda,
E se tu vuoi, dimentica.
Io non vedrò le ombre,
Non sentirò la pioggia;
Non udrò l’usignolo
Cantare, come (se fosse) addolorato:
E sognando durante il crepuscolo
Che né sorge né tramonta,
Per caso possa ricordare
E per caso possa dimenticare.

* non sono riuscita a trovare la stessa versione presente nel libro.

1 commento:

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