Le Café des
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Cari lettori eccoci con la rubrica del venerdì su i grandi classici della letteratura mondiale.
Oggi tocca ad un classico della letteratura americana, Via col vento.
Inutile dire che quando si pensa a Via col vento il primo collegamento che ci viene in mente è con il film, ma innanzi tutto è un libro e devo dire un bellissimo libro.
Devo confessare che la lettura di questo romanzo non ha radici remote, bensì è stato uno dei libri letti questa estate e mentre gli altri giocavano a beachvolley, facevano il bagno nell'Adriatico e si crogiolavano al sole della riviera del Conero, io mi struggevo per la storia d'amore fra Rossella e Rhett. Però ridurre Via col vento ad una semplice e banale storiella romantica sarebbe screditare le 900 pagine (o giù di lì) del capolavoro di Margaret Mitchell.
Se qualcuno avesse bisogno di una "spolveratina" alla storia, eccovi accontentati:
Rossella O'Hara è la viziata e capricciosa ereditiera della grande piantagione di Tara, in Georgia. Ma l'illusione di una vita facile e agiata si infrangerà in brevissimo tempo, quando i venti della Guerra Civile cominceranno a spirare sul Sud degli Stati Uniti, spazzando via in pochi anni la società schiavista. Il più grande e famoso romanzo popolare americano narra così, in un colossale e vivissimo affresco storico, le vicende di una donna impreparata ai sacrifici: la tragedia della guerra, la decimazione della sua famiglia, la necessità di dover farsi carico della piantagione di famiglia e di doversi adattare a una nuova società. E soprattutto la sua lunga, travagliata ricerca dell'amore e la storia impossibile con l'affascinante e spregiudicato Rhett Butler, avventuriero che lei comprenderà di amare solo troppo tardi...
Da dove cominciare? Beh, intanto inizio col dire che mi sono avvicinata al libro non tanto per conoscere la storia che ne veniva narrata, perché già la conoscevo sebbene non in tutti i suoi risvolti, ma per vedere come un'americana potesse presentare la Guerra di Secessione e mi si è aperto un mondo. Da bravi europei studiamo la storia europocentrica e quello che è accaduto altrove lo conosciamo superficialmente, avevo studiato questo periodo della storia americana ma non potevo dire di conoscerlo a sufficienza e quindi avevo in mente ciò che era successo solo a grandi linee. Un altro scoglio da superare è stato la mia puzza sotto il naso da filo-yankees; sì, perché essendo cresciuta con i romanzi di Louisa May Alcott i Confederati non mi stavano molto simpatici, senza contare che il Sud era schiavista, aveva il KKK e tutti gli altri stereotipi: diciamo che difendevo a spada tratta gli Stati Uniti d'America, nel vero senso della parola, ovvero gli unionisti. E' stato quindi estremamente interessante trovarsi catapultati in un libro in cui il nemico aveva la giacca blu (unionisti) e non grigia (confederati) e si amava vivere la vita con tranquillità e spensieratezza, prima che la guerra distruggesse ogni equilibrio.
Inutile dire che sono rimasta affascinata da questo mondo e dai suoi personaggi. Margaret Mitchell è veramente brava a bilanciare narrazione storica e vicende dei personaggi del libro, ogni individuo viene tratteggiato con maestria, mettendone in luce anche gli aspetti più reconditi e meschini. E Rossella, la protagonista indiscussa, è il personaggio più complesso di tutti; da bambina viziata conoscerà le pene della guerra e dovrà adattarsi ad ogni sciagura cercando di trarre sempre profitto da ciò che le capitava. In questo lei è maestra, raramente si vedono personaggi così freddamente calcolatori che però riescono a farsi amare dal lettore, Rossella è una di questi. E poi c'è Rhett, l'uomo più affascinante che una donna possa conoscere. Col suo fare disinvolto e anticonformista, si pone come l'unico capace di tener testa ad una donna come Rossella. Il loro amore sarà tormentato come il periodo storico che stanno attraversando, ma l'ironia di questo uomo su tutto ciò che lo circonda sembra essere il simbolo di una nuova mentalità americana che però, a mio parere, non è riuscita a far breccia nelle menti dei suoi connazionali.
Mi scuso già in partenza, ma non posso non dichiarare che le figure di Ashley e di sua moglie Melania non sono entrate nelle mie grazie, essi rappresentano l'America perbenista, di quelli che voglio essere buoni a tutti i costi, ma che nel loro profondo covano pulsioni di altro tipo (parlo soprattutto per Ashley).
Una cosa che ho fatto fatica ad accettare nel libro è che i nomi di alcuni protagonisti sono stati cambiati. So che questa operazione è dovuta all'enorme successo del film che ha fatto conoscere al grande pubblico i personaggi con i nomi a loro "appioppati" negli anni quaranta, ma sinceramente mi è dispiaciuto. Me ne farò una ragione, perché ormai Rossella è Rossella e chiamarla Scarlett fa strano.
Detto questo so di non aver presentato i libro in maniera esaustiva e come avrei voluto, ma alla fine il mio intento era quello di rispolverarvi questo grande classico, dove gioia e dolore si intrecciano in una morale, davvero americana, del self-made man, dell'uomo che si fa da solo che risorge dalle sue ceneri e dove la frase con cui si conclude il libro, ormai passata alla storia, va letta come lo slogan di una nazione che vuole essere capace di reinventarsi (non a caso il libro è uscito nel 1936 e lo spettro della Grande Depressione aleggiava ancora nell'aria).
Un libro che ho avuto il piacere di scoprire per assaggiare un po' di Sud.
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